D. L. 28 giugno 2013, n. 76: primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione

Stampa

E' stato pubblicato il D.L. 28 giugno 2013, n. 76, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione. Il decreto entra in vigore il 28 giugno data della sua pubblicazione in Gazzetta.

Nuove incentivi su assunzioni a tempo indeterminato di giovani lavoratori

L'art. 1 prevede, nel limite delle risorse stanziate, un incentivo per i datori di lavoro che assumano, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni che rientrino in una delle seguenti condizioni:

- siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

- siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;

- vivano soli con una o più persone a carico.

Le assunzioni devono determinare un incremento occupazionale netto e devono essere effettuate dal giorno successivo all'entrata in vigore del decreto stesso e non oltre il 30 giugno 2015.

 L'incentivo è pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di 18 mesi. Il valore mensile dell'incentivo non può comunque superare l'importo di 650 euro per lavoratore assunto.

L'incentivo è corrisposto, per un periodo di 12 mesi, ed entro i limiti di 650 euro mensili per lavoratore, nel caso di trasformazione con contratto a tempo indeterminato. La trasformazione deve determinare un incremento occupazionale (il che vuol dire che l'azienda deve almeno rimpiazzare il contratto trasformato).

l'Inps  deve provvedere nei 60 giorni successivi al 28 giugno 2013 all'adeguamento delle procedure telematiche per la ricezione delle domande di ammissione allo sgravio e alla regolamentazione delle discipline attuative.

L'incentivo è riconosciuto dall'Inps in base all'ordine cronologico.

 

Contratto a termine

In base alla nuova disposizione, il requisito della causale non è richiesto:

- nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi;

- in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Inoltre, viene abrogato l'art. 4, comma 2-bis, D.Lgs. n. 368/2001, introdotto dall'art. 1, comma 9, lett. d), L. 28 giugno 2012, n. 92, in base al quale il contratto a tempo determinato acausale non poteva essere oggetto di proroga.

Viene modificato anche l'art. 5 del D.Lgs. n. 368/2001, in tema di prosecuzione del rapporto dopo la scadenza, coinvolgendo anche i rapporti a termine acausali. Pertanto, si è passati dai precedenti 20 o 30 giorni ( a secondo della durata del contratto) agli attuali 30 e 50. Viene, altresì, abrogato il comma 2-bis dell'art. 5, che imponeva la comunicazione al Centro per l'impiego, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, della continuazione del rapporto oltre tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione.

Inoltre, viene modificato il comma 3 relativo agli intervalli da osservare tra un contratto di lavoro a termine ed un altro. In particolare, la nuova disposizione ripristina gli intervalli temporali minimi tra un contratto a termine ed il successivo (10 e 20 giorni a seconda che la durata del primo contratto sia inferiore o superiore a sei mesi). Possono essere esonerate da tali intervalli le aziende stagionali e tutte le altre ipotesi individuate dai contratti collettivi anche aziendali (gli intervalli possono essere ridotti ma non azzerati). 

In particolare, vengono esclusi dal campo di applicazione del lavoro a termine anche i rapporti di lavoro instaurati ai sensi dell'art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (assunzioni di lavoratori in mobilità).

Viene estesa anche al contratto acausale, la norma che regola la individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato da parte dei contratti collettivi.

 

Lavoro intermittente

All'art. 34 del D.Lgs. n. 276/2003, viene inserito il comma 2-bis, in base al quale in ogni caso, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore, per un periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari precedenti il momento della verifica (si computano solo le giornate di effettivo lavoro prestate successivamente all'entrata in vigore del decreto in esame). In caso di superamento del predetto periodo il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

In caso di omessa comunicazione delle prestazioni, la sanzione amministrativa ( da 400 a 2400 euro) non trova applicazione qualora, si evidenzi la volontà di non occultare la prestazione di lavoro attraverso l'assolvimento degli adempimenti contributivi.

 

Lavoro a progetto

Per quanto riguarda il lavoro a progetto quest'ultimo non potrà comportare lo svolgimento di compiti "esecutivi e ripetitivi" (e non più, come previsto in precedenza "esecutivi o ripetitivi"). Pertanto è necessario la presenza di entrambe le condizioni per dimostrare l'insussistenza del rapporto collaborativo.

 

 Licenziamento individuale

In materia di licenziamenti individuali, viene modificato il comma 6 dell'art. 7, L. n. 604/1996. Il decreto stabilisce che il licenziamento per superato periodo di comporto per malattia non rientra nella procedura di licenziamento (tentativo obbligatorio di conciliazione). La procedura è esclusa anche per altre due tipologie di licenziamento: quello per cambio di appalto quando al licenziamento sia seguita l'assunzione presso altro datore di lavoro; quello per completamento delle attività e chiusura del cantiere nel settore edile. 

 

Incentivi per assunzioni di lavoratori che beneficiano dell'ASPI

Il datore di lavoro che, in mancanza di obblighi legali o contrattuali, assume a tempo pieno e indeterminato lavoratori che fruiscono dell'ASpI beneficia, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al 50% dell'indennità mensile residua che sarebbe stata corrisposta al lavoratore da parte dell'INPS. Il beneficio non è riconosciuto per quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di imprese che, al momento del licenziamento, presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume. 

 

Questo sito utilizza i cookie Informativa estesa